Artic Route Adventure 2013: ultimi stralci di diario
L’Artic Route Adventure con Porsche e Michelin è finito! Ecco gli ultimi stralci di diario del nostro inviato Simone Di Sabatino, giunti in ritardo per via della lunga tappa in crociera e in autostrada tra Islanda e Germania:
23 Aprile 2013
Ero molto emozionato per la giornata di oggi, che si preannunciava molto intensa tra balene, cascate e sterrati, e invece arrivo alla sera con un tantino di delusione, forse acuita dal fatto che questa sarà l’ultima sera dell’Artic Route Adventure 2013 in Islanda.
Sveglia, come si consueto, presto e via verso la baia di Husavik per il Whale Watching. La signorina al gabbiotto di preimbarco ci dice che oggi farà molto freddo, ci sarà vento forte in mare aperto e, ciliegina sulla torta, nel frattempo si è messo anche a nevicare. Per essere pronti alle tre ore di mare aperto in cerca delle balene ci siamo bardati di tutto quanto avevamo portato con noi: calzamaglia, maglioni pesanti, guanti, sciarpe, cappelli e inoltre sulla barca erano a disposizione delle tute simil-scafandro impermeabili che alcuni di noi hanno indossato. Abbiamo attraversato tutta la baia alla ricerca di un qualche indizio di balena ma non c’è stato nulla da fare, non siamo riusciti a vedere niente rimanendo tre ore impalati con lo sguardo verso l’orizzonte con l’unico risultato di avere mani e piedi congelati. Come compagni di viaggio sulla barca avevamo una famiglia allargata di francesi (una decina di persone tra cui 4 bambini) che dopo pochi minuti si sono sentiti male e hanno passato tutto il resto della traversata stesi sul ponte coperti da tele cerate. Tanta fatica per nulla!
Tornati sulla terraferma ci siamo fermati in una pasticceria-panificio per uno spuntino e per trovare un po’ di calore, poi siamo partiti per Myvatn, un lago situato in una zona di vulcani attivi. Abbiamo visto i classici sbuffi di vapore nel terreno, enormi piscine con acqua termale a varie temperature e un paesaggio che ricorda molto la luna con grandi crateri e distese rocciose, con la neve che aggiungeva al tutto un tocco di autenticità. Qui abbiamo fatto alcune foto e video e abbiamo provato, o meglio, riprovato, la nostra Cayenne su alcuni sterrati fangosi e nevosi.
Il programma del pomeriggio prevedeva la visita alla cascata di Dettifoss, una delle più grandi di tutta l’Islanda. Ma la fortuna non è stata con noi e le uniche due strade per arrivare al luogo indicato erano chiuse. Abbiamo inutilmente provato a percorrerle, almeno per i primi chilometri, per vedere se la situazione fosse migliorata, ma la neve era troppo alta e continuare avrebbe significato impantanarsi in qualche cumulo di neve. Risultato: retromarcia e via verso Egilsstadir, dove ci aspettava la Guesthouse per la cena e pernottamento. Durante i 140 km di strada abbiamo fatto qualche piccola deviazione, giusto per testare per le ultime volte la Cayenne sugli sterrati d’Islanda. Ora un po’ di tepore, una meritata doccia, e poi tutti a cena per tirare le prime somme di questa incredibile esperienza. Domani infatti Eugenio e Fabrizio, i colleghi di Auto & Fuoristrada e del Gruppo RCS, ci saluteranno, andranno in aereo a Reykjavik e poi voleranno verso le loro destinazioni, mentre io, insieme ai 4 del Porsche Club Marche, trasborderò le Cayenne fino in Danimarca e poi in Italia. Domani sera infatti alle 21 salperemo per Hirtshals passando per le isole Far Oer, compiendo a ritroso lo stesso percorso fatto all’andata.
Non resta che godersi l’ultima serata qui in Islanda davanti a un piatto caldo e ad una buona compagnia.
24 – 25 Aprile 2013
Di nuovo in nave. Dopo aver lasciato Fabrizio ed Eugenio all’aeroporto di Egilsstadir ci siamo riavviati verso Seydjsfjordur, porto di attracco per le navi provenienti dal sud Europa. Dopo aver atteso per l’imbarco qualche ora e fatto una sosta ad un bar locale abbiamo messo a riposo le nostre Porsche Cayenne e preso possesso della cabine.
Come all’andata ci aspettano circa 60 ore di navigazione con sosta a Torshavn, isole Far Oer, mentre l’arrivo al porto di Hirtshals, in Danimarca, è previsto per le ore 10 di sabato mattina.
Come ogni viaggio che si rispetti, appena si ha un po’ di tempo libero si fa il punto della situazione rivivendo con la mente quanto fatto e visto negli ultimi giorni. L’Islanda è una terra molto particolare, una meta insolita per un viaggio, soprattutto se non si va in estate, quando il tempo è più clemente e i posti da scoprire sono molti di più.
Se chiudo gli occhi, razionalizzo quanto ho vissuto, visto e fatto, respiro l’Islanda in tutta la sua forza. In questa magnifica isola, a differenza di tante altre zone del pianeta dove l’uomo può illudersi di essere forte e di potere dominare il suo ambiente, ci si rende conto che la realtà è esattamente l’opposto. È infatti la natura che comanda, è lei l’assoluta protagonista, nel bene e nel male. La natura è la sovrana incontrastata della terra dei ghiacci, ha potere di vita e di morte, è ammaliatrice e regala emozioni uniche. È bellissima e attira con viste mozzafiato, è sincera e ricorda quanto possa essere drammaticamente fatale.
Per noi abituati ai ritmi frenetici delle città, con ogni tipo di comodità a portata di mano e con tante altre persone che come noi compiono la stessa vita stressante e troppo veloce, andare in Islanda è come fare un salto nel passato. I tempi si dilatano, gli elementi naturali prendono in mano le giornate giocando un ruolo da protagonisti, e durante le ore di esplorazione si incontrano poche, pochissime persone. Forse è per questo che Verne, nel suo Viaggio al centro della Terra scelse proprio un vulcano islandese, lo Snaefelssjökull, come ingresso alle viscere della Terra.
In Islanda infatti si trovano molti vulcani attivi, una forte erosione di mare, fiumi e vento e continui terremoti. Come risultato vi è una costa molto frastagliata e irregolare, con fiordi mozzafiato, distese rocciose in ogni dove e pochi, pochissimi alberi. Vi sono numerosi ghiacciai, tra cui il più grande d’Europa, il Vatnajökull, cascate, scogliere, deserti rocciosi, scogliere, fiumi, laghi, campi di lava. Si Basti pensare che negli ultimi 500 anni i vulcani islandesi hanno emesso più di un terzo dell’intera lava globale. L’interno è aspro e roccioso e non ci sono forme di vite. Non ci siamo addentrati in questi luoghi perché le strade erano quasi tutte chiuse causa neve.
Nella terra dei ghiacci solo il 20% del territorio è considerato abitabile, mentre nel 69% non c’è alcuna forma di vegetazione. Una terra non facile, poco ospitale (almeno per i climi e la geologia), ma incredibilmente affascinante. La gente è cordiale, sorridente, vive in armonia con la natura, rispettandola. Per noi forse è quasi inconcepibile pensare di vivere qui, dove per 8 mesi all’anno nevica, durante la stagione fredda ci sono pochissime ore di luce e le vie di collegamento sono, per buona parte dell’anno, quasi tutte impraticabili. Gli islandesi invece affrontano tutto con il sorriso sulle labbra, la loro motoslitta pronta fuori di casa e pozze di acqua bollente sempre pronte ad ospitare le loro fredde membra in cerca di sollievo.
Percorrendo oltre 2.700 km in Islanda abbiamo anche incontrato parte della fauna locale: ci siamo imbattuti in volpi polari, foche, urie, gazze marine, gabbiani tridattili, cigni selvatici, oche zamperosee, edredoni. Purtroppo io non sono riuscito a vedere la pulcinella di mare, il simpatico volatile dal becco multicolore, simbolo dell’Islanda, che si trova a ridosso delle scogliere. Ma alcuni dei miei compagni di viaggio mi hanno detto di averla intravista volare sulle acque. Vabè, vorrà dire che avrò un valido motivo per tornare, visto che mi sono perso anche le balene e la cascata di Dettifoss. Islanda, torneremo!